Mi sembra evidente che Nolan abbia subito un trauma durante l’infanzia. Deve essergli caduto in testa l’orologio a cucù quando era ancora nella culla. Non si spiega altrimenti questa sua ossessione per il tempo.
Ora se voi provaste a far cadere sulla testa del vostro bambino un orologio a cucù l’effetto che otterrete è un bel bernoccolo in testa al vostro piccolo o, nella peggiore delle ipotesi, una ferita lacero contusa da medicare con acqua ossigenata e garze.
Ovviamente questo blog vi sconsiglia fortemente di fare esperimenti in tal senso per il bene del vostro bambino (e dell’orologio a cucù).
Nolan, che probabilmente è stato allevato con il latte al plutonio, dopo quell’incidente non ha riportato alcuna ferita, nella sua piccola testa glabra di bebè predestinato non è spuntato alcun bernoccolo ma , come San Paolo folgorato sulla via di Damasco, ha preso coscienza di quale sarebbe stato il tema principale che avrebbe forgiato il suo stile narrativo nella sua luminosa carriera.
In principio fu Following (1998), un noir in bianco in nero incentrato sulla storia di uno scrittore alla ricerca perenne dell’ispirazione, in cui la temporalità del racconto viene stravolta con un utilizzo frenetico e quasi stordente dei flashback.
Poi venne Memento (2000) il primo grande successo di Nolan, un lungometraggio che racconta la storia di uomo che è affetto da un disturbo della memoria che lo porta ricordare esclusivamente gli eventi avvenuti negli ultimi 15 minuti. In Memento Nolan gioca con il tempo raccontando tutta la storia con sequenze di 15 minuti, dalla più recente in ordine cronologico alla più vecchia, in un viaggio a ritroso che traghetta lo spettatore da una condizione di spaesamento ad una vista chiara e completa degli eventi.

In Insomnia (2002) il tempo sembra addirittura fermarsi. La vicenda infatti si svolge in Alaska in un periodo dell’anno (l’estate artica) in cui il sole non tramonta mai. Provate voi ad indagare ad un omicidio in un luogo in cui è impossibile prendere sonno a causa dell’assenza completa della notte..
Le cose cominciano a farsi decisamente complicate con Inception (2010) dove sogno e realtà sono separate da un confine sottile definito dalla diversa velocità con il quale scorre il tempo. Non so voi, ma io sto ancora osservando inebetito la trottolina per capire se quello che sto vendendo è reale o meno.
Nel fantascientifico Interstellar (2014), il tempo viene distorto a causa della vicinanza ad un buco nero del pianeta che il protagonista deve visitare per trovare un modo di salvare l’umanità condannata dal morente pianeta Terra. Una commistione di amore , rigore scientifico e paradossi temporali ci regala una scena finale in cui la figlia del protagonista , ormai molto anziana, riesce ad incontrare il padre ancora giovane e in pieno vigore.
Il tempo diventa ossessione in Dunkirk (2017), dal mio punto di vista la migliore pellicola del lotto: il conflitto bellico di Dunkirk ci viene raccontato mediante tre punti di vista differenti (mare, terra e aria). Tre storie che viaggiano su diverse linee temporali , il cui tempo viene scandito dall’incessante e ansiogeno ticchettio di un orologio.

Infine arriviamo ad oggi , dove l’ossessione raggiunge livelli apicali in “Tenet” (2020) con l’introduzione del concetto di “inversione del flusso del tempo”.
L’assunto “scientifico” è ispirato ad esperimenti realmente avvenuti (https://www.nature.com/articles/s41598-019-40765-6). Qualche testa brillata in Russia sta infatti cercando di dimostrare, in barba al secondo principio della Termodinamica, la possibilità di portare gli oggetti dallo stato finale allo stato iniziale. Un principio per il quale se premo il grilletto di una pistola , la pallottola entra in essa e non viene sparata fuori.
Ad essere sincero non sono nemmeno sicuro di essere riuscito a spiegarvela bene perchè, francamente, ci ho capito ben poco.
Ancora più sincero di me è stato Nolan stesso il quale ,per voce di uno dei personaggi, chiude il primo spiegone ad inizio film con un serafico:
“Non cercare di capirlo, sentilo”
Per inciso, di spiegoni ne subirete diversi ma , nel mio caso, nessuno di questi è riuscito a dipanare tutti i dubbi su quello che stavo vedendo. Tipicamente lo spiegone piazzato qua e la è una cosa che mi fa cambiare canale, soprattutto se il tutto si riduce ad un solenne “E’ tutta magia Jonny”. In questo caso l’effetto ottenuto è stato solo quello di spezzare il ritmo e, visto il livello adrenalinico del film, ciò non è del tutto da disprezzare.
Con questa dichiarazione di intenti appare evidente che la trama ed i meccanismi pseudo-scientifici che regolano Tenet sono soltanto un mero pretesto per giustificare le scene action altamente spettacolari e fuori di testa che si susseguono per tutte le 2 ore e mezza di film. Un luna park di inseguimenti, evoluzioni e spari. Una roba che farebbe impallidire anche uno come Tom Cruise e che solo a pensarla si è dei pazzi (oppure se si è stati colpiti da un orologio a cucù in tenera età). Il tutto viene sorretto da una colonna sonora monumentale che sovrasta anche le esplosioni su schermo. Una cacofonia di suoni e immagini che vi pomperà adrenalina nel corpo lasciandovi incollato sulla poltrona in totale apnea.

Come un disco dei Dream Theater, Tenet è intriso di virtuosismi e salti iperbolici ma manca a mio avviso di una vera e propria componente emozionale. Quella, per intenderci, che ti fa venire il nodino alla gola o il brividino dietro la schiena durante una scena epica e che mi ha fatto innamorare di pellicole come “Dunkirk”. Di botte di adrenalina ne riceverete a dosi importanti ma nulla che vi lascerà empatizzare con i personaggi del film. Personaggi bidimensionali la cui introspezione è sacrificata sull’altare del puro entertainement. Tra le anonime prove attoriali spicca soltanto quella di Kennet Branagh che cerca di salvare il salvabile con l’interpretazione del cazzutissimo villain del film.
Intendiamoci, anche io amo andare al luna park ma alle montagne russe preferisco di gran lunga la ruota panoramica.
“Non cercare di capirlo, sentilo” è lo stesso consiglio che sento di darvi.
Sono convinto che molti di voi ameranno alla follia questo film e non escludo che tanti altri avranno maggiore elasticità mentale della mia nel comprendere gli intricati sviluppi della trama. Dal mio punto di vista l’approccio corretto è non farsi troppe domande, non cercare di razionalizzare tutto quello che vedrete su schermo. Se le sale fossero aperte e ci fosse la possibilità di vederlo al cinema (come ho fatto io in un afflato di incosciente ottimismo in una calda serata d’agosto) allora vi consiglierei di recarvi al cinema, di mettervi comodi , di allacciare le cinture e farvi sballottolare dalle turbolenze. La sala cinematografica ha la capacità naturale di restituire una dimensione anche ad un film insignificante come Tenet.
Se invece vi accingete a vederlo seduti comodamente nel vostro salotto allora ci penserei due volte, a meno che non abbiate l’intenzione di rivederlo più volte alla ricerca di un senso, ammesso e non concesso che lo troviate, ammesso e non concesso che un senso ci sia.
Beh, cacchio. Io adoro le montagne russe!
Però sì, anche “solo” dal punto di vista estetico ed esperienziale per un film così ci vuole il grande schermo.
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Che poi a dirla tutta ritengo Nolan un ottimo regista…deve solo dare una limatina al suo ego.
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